Filippo Santelli
L a coperta dei conti pubblici è corta. E a piedi scoperti, per finanziare il taglio dell’Irap promesso alle imprese dal premier Renzi, rischiano di rimanere i professionisti. Vedendo i loro futuri assegni pensionistici decurtati fino al 12%. Il decreto Irpef approvato dal governo bilancia infatti la sforbiciata delle imposte sulle aziende con un aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie, dal 20 al 26%. A investire in azioni e obbligazioni però non sono solo i risparmiatori e i broker di professione, ma anche la casse professionali. Che il patrimonio contributivo di medici, avvocati e degli altri iscritti agli ordini, oltre 60 miliardi di euro, lo fanno fruttare attraverso vari strumenti finanziari. E che dal primo di luglio, a meno che la norma non venga modificata in Parlamento, rischiano di trovarsi a pagare un carico fiscale extra sulle plusvalenze. «Una misura irrazionale, scandalosa e incostituzionale», attacca Andrea Camporese, presidente dell’istituto pensionistico dei giornalisti e di Adepp, l’associazione che riunisce tutti gli enti previdenziali privati. «Non ha simili in Europa». Perché l’Italia è uno dei pochi Paesi dove sulle pensioni si applica una «doppia tassazione »: sia sugli utili realizzati delle casse, sia quando la prestazione viene erogata. La maggior parte dei nostri vicini trattiene le imposte solo sull’assegno. E anche quelli che tassano la fase si accumulo hanno fissato aliquote comprese tra lo zero virgola e il 3%. Da noi, già
con l’ultima manovra targata Tremonti, erano schizzate dal 12,5 al 20%. Ora minacciano di salire ancora al 26. Adepp ha stimato l’impatto sulle pensioni che i professionisti riceveranno. «L’aumento precedente l’aveva depressa dell’8%, quello attuale la taglierebbe fino al 12», dice Camporese. Al di là dei conti, però, i vertici delle casse private lamentano una disparità di trattamento. Prima di tutto rispetto a chi versa i contributi all’Inps, che essendo in passivo strutturale non paga imposte sulle plusvalenze. Gli istituti dei professionisti hanno invece bilanci in utile, anche perché per ora registrano un saldo tra pensionati e attivi molto favorevole: «Non ha senso che mentre sto creando un montante previdenziale le mie rendite siano tassate quanto quelle di uno speculatore», sostiene Renzo Guffanti, presidente di Cnpadc, la cassa dei commercialisti. Una delle prime, ricorda, a essere passata per il calcolo della pensione dal sistema retributivo al contributivo. Con una decisa sforbiciata dell’assegno atteso per i suoi 60mila iscritti. Negli ultimi mesi, come richiesto dalla riforma Fornero, tutti gli istituti hanno riformato la propria governance, assicurando la sostenibilità dei conti a 50 anni. Il patrimonio di Enpam, l’ente dei medici, il più grande con 355mila iscritti attivi e 90mila pensionati, vale da solo 15 miliardi di euro. E il presidente Alberto Oliveti stima il costo delle nuove aliquote tra 20 e i 30 milioni l’anno. «Le nostre casse sono privatizzate, ma perseguono un interesse pubblico», sottolinea. Compresa una serie di servizi di welfare per gli iscritti che lo stato non garantisce: «Come un sostegno al credito per i giovani, o la copertura dei rischi da responsabilità civile. Abbiamo anche promosso la creazione di un fondo di previdenza integrativa, il Fondo sanità». Un’altra delle disparità che le casse lamentano è proprio quello con i fondi pensione complementari a cui lo Stato, nel tentativo di incentivare il secondo pilastro, garantisce una tassazione dell’11%. Con il decreto Irpef, gli istituti professionali si troveranno a pagare 15 punti in più, nonostante la previdenza che gestiscono sia quella primaria. L’altra aliquota lasciata invariata è quella sui titoli di stato, al 12,5%: «Ma noi ne abbiamo già una quantità notevole in portafoglio», dice Nunzio Luciano, presidente della Cassa forense, 230mila iscritti e un patrimonio di circa 8 miliardi di euro. «Per diversificare il portafoglio, come è necessario, ci troveremmo a pagare delle imposte esagerate. Anche se scegliessimo di sostenere il sistema Paese, comprando minibond o quote di un fondo infrastrutturale». I vertici degli ordini chiedono che durante l’iter di conversione in Parlamento il decreto venga modificato, esentando le casse di categoria dall’aumento delle aliquote. In Aula la loro presenza è molto forte. Ma bisognerà trovare una copertura alternativa per quei 50, 100 milioni che l’extra gettito porterebbe al Tesoro. Nel grafico qui a sinistra, tutti gli iscritti ai principali ordini professionali in Italia Sono tutti preoccupati per la nuova tassazione delle rendite